IL
SIMBOLISMO DELLA RUOTA

Tra i numerosi simboli che appaiono in determinate tradizioni o civilizzazioni, lontane nello spazio (geografico) o nel tempo (storico), e che sono identici, merita una speciale attenzione il simbolo della ruota. Non solo perché essa è presente in tutte le culture di cui abbiamo notizia, ma anche per le innumerevoli possibilità che offre, la diversità di campi che include e il potere di concentrazione che esercita sullo studio e sull’ordinamento indispensabili in qualsiasi ricerca seria.

D’altra parte, le relazioni di ogni genere a cui si presta questo simbolo sembrano indefinite, così come le sue connessioni con altri pantacoli, anch’essi tradizionali.11 Infatti, pur essendo il simbolo della ruota l’espressione del movimento e della molteplicità, lo è anche dell’immobilità originale e della sintesi. Allo stesso modo, è l’espressione simbolica dell’espansione e della concentrazione. Dell’energia centrifuga, che parte dal centro verso la periferia, e dell’energia centripeta, che ritorna al suo centro, asse o fonte. Per ritornare di nuovo a estendersi, seguendo il filo di una legge universale alla quale obbediscono le maree dei mari (flusso e riflusso) e la terra (condensazione, dilatazione). Così come la diastole e la sistole, l’aspirazione e l’espirazione dell’uomo o dell’universo, cioè sia del microcosmo sia del macrocosmo.

Questo simbolo è anche la manifestazione di ciò che, essendo appena virtuale (il punto), genera uno spazio o piano (che la circonferenza delimita).12 Di conseguenza è ovviamente legato allo spazio e al tempo, e associato o unito a qualsiasi idea di cosmogonia e creazione.

In questo senso, il movimento superficiale, o esterno, della ruota sarebbe vincolato alla manifestazione, mentre la virtualità, l’immobilità del punto centrale o asse, sarebbe connessa a ciò che è immanifestato.13

Le modalità speciali del simbolo della ruota nascono per l’irradiazione, o per l’“attualizzazione”, delle “potenzialità” del punto centrale, che si fa “presente” nel tempo, creando un campo spaziale.

Abbiamo visto che un punto genera un piano, vale a dire uno spazio. Quel punto centrale è un asse nella tridimensionalità. Pertanto il simbolo della ruota è strettamente legato a tutti i simboli assiali e verticali. Così come a tutte le proiezioni della verticale, ovvero alla creazione di piani o spazi orizzontali, articolati attraverso un asse al quale riflettono, essendo uno di essi il perimetro limitato del nostro mondo, del nostro ciclo, o di qualsiasi campo definito in relazione alle coordinate spaziotemporali.

Tra i simboli che manifestano la verticalità, o l’asse, bisogna evidenziare l’albero (tra l’altro associato alla vita e alla generazione ciclica), la montagna (o la pietra come sua “miniatura”) e anche l’uomo. Per quanto riguarda quest’ultimo –così come è oggigiorno–, ha estratto le sue conoscenze, tutta la sua cultura, da un modello simbolico rivelato, che è la proiezione dell’energia verticale creando un piano orizzontale (una civiltà, per esempio), che nel suo movimento ciclico, rotativo, è reintegrata al suo non essere primigenio.

La città, il sistema sociale, il tempio, la casa, gli oggetti di uso quotidiano, le usanze, l’arte, le leggende, i miti, l’artigianato, l’agricoltura, i lavori domestici, così come i riti religiosi, civili o personali, o le norme di ordinamento, le leggi e i modelli di comportamento attuali, sono stati appresi da civiltà tradizionali anteriori in pieno processo di degradazione.

Quelle strutture, che costituirono per secoli la forma di ordinamento sociale e personale (oggi completamente snaturate), riconoscevano il mito e il sovracosmico, sovraindividuale e divino come antecedenti, mettendo in evidenza le loro origini sacre.

In quanto ad altre modalità di questo pantacolo (piccolo tutto), a cui ci stiamo riferendo, segnaleremo la sua identificazione con l’idea di ciclo o di spazio chiuso su sé stesso; sia che si tratti del ciclo del sole in un anno o del suo movimento apparente in un giorno, sia che rappresenti la vita intera di un essere umano (dalla nascita fino alla morte), un periodo storico in quell’esistenza o nell’esistenza del mondo in generale (per esempio un secolo). È interessante in questo senso associarlo allo studio del movimento, dei calendari, dei periodi vincolati all’agricoltura, della conoscenza dell’armonia dei cieli e la terra, e di tutto ciò che riguarda la scienza dei ritmi.

Il simbolo della ruota, quindi, è un prototipo o modello dell’idea archetipica che il cosmo integro non fa altro che manifestare. Ed essendo un modello del cosmo, certamente potrebbe essere qualificato come universale nell’accezione più ampia di questo termine. Per questo è sorprendente constatare che, malgrado la sua particolare importanza, e pur essendo un retaggio fondamentale in tutte le forme tradizionali, non si presti ad esso la dovuta attenzione.

Questo è dovuto, in gran parte, al fatto che la simbologia è vista dai nostri contemporanei come una scienza nuova, nel senso storicista del termine. Ma sia gli antecedenti di questa disciplina sia la sua ragione d’essere rimandano precisamente al simbolo, vale a dire alla possibilità della manifestazione – attuale o passata –, ricongiungendosi infine alle origini non-storiche o atemporali di qualsiasi espressione, poiché questa espressione non fa che plasmare l’energia essenziale attraverso una forma sostanziale.

Tuttavia, non sono mai stati così citati come oggi gli autori che si sono occupati, in passato o nel presente, dei temi della simbolica, che appassionano il ricercatore attuale e nei quali quest’ultimo vede una possibilità nuova, o una maniera di accedere alla conoscenza (non all’accumulazione d’informazione o all’enciclopedismo sterile) autentica.

Ad ogni modo non è superfluo sottolineare il fatto che persino tra questi autori il tema non sia stato trattato in modo specifico, ma sia stato incluso in altri studi e insegnamenti simbolici.14 E non è inutile nemmeno far notare una certa difficoltà nella comprensione del linguaggio simbolico da parte del lettore corrente, non familiarizzato con il metodo analogico e l’utilizzazione della sintesi e non dell’analisi.

D’altra parte, è importante evidenziare che molte di queste difficoltà sono dovute a diverse terminologie, o parole, che si impiegano con distinte accezioni, a seconda del contesto, nel medesimo codice o in differenti codici, a volte con sensi o intonazioni completamente alieni a quelli originali, quando non invertiti, come nel caso della lettura “letterale”, o “sentimentale”, di qualsiasi testo, simbolo, rito, mito o leggenda. O dell’esistenza stessa, senza andare più lontano.

In ogni caso, diremo che il simbolo è l’espressione di un’energia occulta, che si manifesta attraverso la sua stessa struttura simbolica. È a questa energia che il simbolo deve la sua ragione d’essere, poiché senza di essa non simbolizzerebbe nulla. È pertanto il recipiente in cui si plasma la sua forma e il trasmettitore di un’energia che, conformandolo, esprime sé stessa. In questo senso abbiamo detto che, in termini generali, qualsiasi espressione è simbolica e la manifestazione nella sua totalità è un simbolo di qualcosa che è dietro, od oltre, di essa. O meglio ancora, di qualcosa che è immanente in essa, o di ciò che si trova occulto, o che è virtuale o potenziale nel suo essere.

Deve esserci, quindi, una correlazione ben definita e analogie molto precise (benché invertite) tra ciò che è simbolizzato e il simbolo. Sia che esse si considerino dal punto di vista di ciò che è simbolizzato, come energia attuante che plasma il simbolo e si manifesta attraverso di esso, sia dal punto di vista del simbolo, come mediatore di un’energia-forza che lo trascende e che esso non fa altro che manifestare.

Senza questa correlazione sarebbe impossibile che qualsiasi simbolo, parola o gesto esprimesse qualcosa. O si arriverebbe alla confusione delle lingue, dove le parole, i gesti o i simboli sarebbero privi di significato. Il caos, la negazione dell’ordine, la torre di Babele.

In questo disordine, i simboli15 avrebbero perso la loro energia e non agirebbero come trasmettitori dell’idea-forza, poiché si sarebbe spezzato il legame con ciò che è simbolizzato, essendo isolati dalla loro fonte di vita e trattati analiticamente o in maniera letterale. Tuttavia, in forma potenziale, questi simboli conservano la vibrazione che li ha plasmati e basta che siano attualizzati perché recuperino la loro vivificante funzione mediatrice e diventino il veicolo, o la struttura necessaria, che ci porterà oltre essa stessa, a un diverso piano o livello di comprensione.

A questo punto dobbiamo dissipare velocemente alcuni equivoci. Il primo è quello di confondere allegoria e simbolo e dare a questo il valore di qualcosa di probabile o possibile, nella sfera del “come se fosse”, vale a dire rendendolo “simbolico” secondo la versione degradata che oggigiorno abbiamo di quel termine e, quindi, negando ad esso ogni possibilità reale, didattica o attuante. O, in altre parole, semplicemente negandolo.16

Il secondo è trattarlo come una cosa che appartiene al passato, una cosa morta e che non significa più niente. O considerare quello che dice come una cosa “superata”. Ogni giorno della creazione è il primo e ogni simbolo esprime oggi, a modo suo, un’idea archetipica, universale, simultanea ed eterna.

Il terzo è l’errore grossolano di confondere il simbolo con ciò che è simbolizzato, di cui l’idolatria e la letteralità danno buoni esempi.

Allo stesso modo, bisogna sottolineare che tutte le tradizioni hanno attribuito ai loro simboli e ai loro codici simbolici il carattere di rivelazione o un origine sovraumano; a cui si deve aggiungere la seguente coincidenza: i simboli fondamentali sono presenti in tutte le tradizioni in modo manifestamente identico, comprese le loro applicazioni secondarie e le loro forme derivate e folkloristiche.

E così questi due semplici fatti: a) l’osservazione dell’identità sorprendente delle simboliche di tutte le tradizioni (vive o morte); b) il fatto che tutte le tradizioni attribuivano a quelle simboliche un carattere non umano e rivelato; devono essere per noi sia un tema di meditazione, sia un incentivo per lo studio e la comprensione di quelle simbologie e tradizioni.

Alle quali potremo accedere grazie al veicolo simbolico, considerato come la struttura di un’idea. Da questa prospettiva, bisognerebbe visualizzare il simbolo come un gesto tramite il quale si esprime un’idea-forza: cioè l’archetipo in azione. Dal “fuoco” ai “fuochi”, dal sintetico al molteplice. Allo stesso modo, capovolgendo il punto di vista, dal molteplice al sintetico. Dagli innumerevoli fuochi, al fuoco archetipico.

In quanto a ciò che si riferisce specificamente al simbolo trattato in queste pagine, ci interessa chiarire la sua relazione con le due energie complementari, che abbiamo chiamato verticale e orizzontale, e che possono essere designate – facendo una trasposizione analogica– come essenziale e sostanziale. L’asse centrale (verticale) collega una catena di mondi, o di piani di manifestazione (orizzontali), uno dei quali è il nostro mondo o la nostra vita, nella varietà indefinita di mondi e vite. Di cicli dentro cicli. Va da sé che il punto che genera il piano è invisibile, come qualsiasi punto nello spazio.

E che l’asse, che è la ragione d’essere di qualsiasi spazio tridimensionale (nell’architettura per esempio), rimane occulto e impercettibile, esprimendosi solo in forma riflessa, nelle innumerevoli manifestazioni alle quali da luogo. Come lo spazio vuoto rispetto alle pareti, alle colonne, alle strutture e agli ornamenti, che costituiscono la sua veste sostanziale. Lo stesso principio potrebbe essere applicato all’architettura universale.

Bisogna anche dire che quest’asse centrale, che lega due o più piani tra loro, porta in sé la nozione implicita di movimento, come nel caso delle ruote di un carro, veicolo simbolico (come il cavallo), che esprime la possibilità di un viaggio, il trasferimento da un punto ad un altro punto o la connessione tra un piano ed un altro piano. L’associazione ovvia di questo simbolo con il movimento si esprime in diverse tradizioni con l’idea di un carro solare o con la ruota calendarica di un tempo ciclico, reiterato dalle sue stesse limitazioni (nel caso del sole dai suoi due solstizi e dai suoi due equinozi). Che non sono altro che le stesse limitazioni (inquadratura, ordine) di tutto ciò che è manifestato.

È così, quindi, che il punto centrale in un piano orizzontale (o ugualmente l’asse verticale in un’espressione volumetrica), deve essere collegato alla potenza essenziale di ciò che è illimitato, mentre la sua espressione manifesta, vale a dire la circonferenza, deve essere vincolata alla limitazione dell’atto, che conforma le superfici periferiche o sostanziali della figura. D’altra parte, quest’inversione che rende l’orizzontale un riflesso del verticale e tutta la manifestazione sostanziale una proiezione dell’ immanifestazione essenziale, ci dice molto sull’illusione di tutto ciò che si muove, ciò che è relativo. Ciò che ha principio e fine, o è soggetto a causa-effetto.

Per questa ragione ci parla anche della realtà di quello che, essendo uno (il centro come proiezione della verticale), non ha pari. Di ciò che, rimanendo immobile (l’assoluto), non è subordinato a nessun processo dialettico.17

D’altra parte, questo schema della ruota è il modello del ciclo. La vita che ci circonda, della quale formiamo parte costitutiva, è costituita da cicli che, esistendo simultaneamente, si interrelazionano, come possono essere quello dell’atomo compreso in quello maggiore della molecola, quest’ultimo in quello della cellula e la cellula in quello dell’organismo umano; o come il ciclo del giorno, incluso in quello maggiore della settimana, questo in quello del mese, e quello mensile nell’anno, ecc. Tutto ciò che riconosce principio e fine, causa ed effetto, nasce e muore in forma indefinita, mentre l’increato, ciò che non è duale, è infinito ed eterno.

Sul piano manifestato c’è un’energia (centrifuga) che parte dell’origine virtuale fino al limite delle sue possibilità, e che ritorna allo stesso punto originale (centripeta), per continuare perennemente questo circuito. Questi due aspetti sono anche quelli della dilatazione o espansione e della contrazione o concentrazione, simbolizzati rispettivamente dal circolo e dal quadrato.

Entrambe le figure – come simboli di uno spazio o campo limitato – sono equivalenti. E, nell’antichità, sia il circolo sia il quadrato hanno rappresentato identiche prospettive simboliche. A volte una stessa tradizione ha utilizzato di preferenza una di quelle forme, a seconda del periodo, o tutte e due insieme.18

Le tradizioni dell’Estremo Oriente simbolizzano questi due aspetti19 con il Yin e il Yang, che agiscono come forze permanenti ed equilibratrici di qualsiasi ciclo o processo. Nel caso del ciclo dell’uomo, ci sarebbero anche un’energia ascendente relativa all’infanzia e alla gioventù, ed un’altra discendente equiparata alla maturità ed alla vecchiaia. A rigore, questa divisione binaria del ciclo è importantissima e divide in due il nostro modello della ruota. Se la porzione orientale fosse quella ascendente e la metà occidentale quella discendente, la prima corrisponderebbe, da questo punto di vista, al simbolo del circolo (energia centrifuga) e la seconda al quadrato (energia centripeta).

Però, prima di andare avanti, dobbiamo chiarire che il modello simbolico della ruota non è valido solo per un ciclo in particolare, qualunque esso sia, ma è il prototipo di un’idea archetipica e può essere applicato a qualsiasi ciclo e anche ad un ciclo di cicli, ecc., in successione indeterminata.

In questo senso non è di troppo ricordare che per l’antichità l’idea di cosmo è una sola. Non ci sono vari mondi o cosmi, ma è la somma di tutti quei mondi o cosmi, galassie o stelle indefinite, che costituisce l’idea del cosmo o mondo, nella sua accezione più ampia. Non c’è, quindi, niente “fuori” dal cosmo, né nessuna cosa che non sia soggetta alle sue leggi, né al suo ordinamento ciclico.20 Tutti i popoli civilizzati del mondo lo hanno saputo e dalla loro concezione del cosmo hanno estratto tutta la loro cultura. Fissando i loro propri limiti spaziali e temporali hanno dato luogo alla loro città. Creandola, vale a dire solidificandola o cristallizzandola, e stabilendo i segni reincidenti dei periodi agricoli, hanno ottenuto l’alimento necessario per la soddisfazione delle loro necessità basiche. Sul piano orizzontale del mondo, tutto è qui e ora. E tutte le evasioni delle evasioni, sono anch’esse illusioni.

Tuttavia – come recita la felice frase di Paul Eluard, “ci sono altri mondi ma sono in questo” – ci viene offerta la possibilità di scappare, attraverso il movimento reiterativo, sempre costante, dalla “ruota cosmica” o “ruota delle incarnazioni”.

Perché la soluzione, o salvazione, è presente in forma immanente e occulta in quella stessa ruota, come si trova nel seme tutta la potenzialità del nuovo albero e nell’uovo l’origine dell’essere.21

Pertanto l’ordinamento culturale, tutte le strutture di una civilizzazione, non sono altro che il riflesso di un centro invisibile, che si manifesta o rivela attraverso di esse. Perché esse non sono altro che supporti, o simboli, di una realtà molto più vasta, non soggetta al cambiamento. E tutto quello che è stato appena detto, riferito alla cultura e alle sue strutture, potrebbe essere applicato a qualsiasi ordine. A qualsiasi organismo vivente. Poiché come qualsiasi oggetto visibile ha una struttura interna fondamentale, grazie alla quale esso si rende riconoscibile come tale, anche i simboli, per i quali si manifestano esternamente le cose – che non sono altro che simboliche –, devono avere una qualche struttura interna.

Queste strutture dei simboli tradizionali,22 non sono altro che idee, o giochi di idee, che essi stessi plasmano con le loro forme. Cosa che indurrebbe a pensare che l’universo abbia una struttura precisa, e leggi, e giochi di moduli prototipici. Vale a dire un modello che si esprime simbolicamente, attraverso numeri e forme geometriche, dando luogo alle scienze corrispondenti.

In realtà ogni struttura ha una forma. Nel caso dell’ordito e della trama dei tessuti, della rete di pesca o di caccia, si percepisce l’intreccio di ciò che è verticale con ciò che è orizzontale, per mezzo di legamenti e assemblaggi, formando un reticolato.

Questo disegno simbolico di ordine, dato dalla griglia di qualsiasi piano, potrebbe perfettamente esprimere anche l’idea stessa di struttura. Sia quella della casa-tempio, della città, dell’agricoltura o della cultura. E i limiti stessi di quella griglia (l’inquadratura finale sotto la stessa forma), l’idea prototipica di un ciclo di cicli, in altre parole, dell’unità e della molteplicità coesistendo simultaneamente.

Il fatto che un numero limitato di forme (la griglia), sia inquadrato in una forma prototipica (il quadrato o la scacchiera), permette alle definite pedine del gioco (siano esse re o pedoni), una quantità indefinita di molteplici movimenti e mosse. Se la scacchiera nel suo insieme simbolizzasse il cosmo23 la griglia esprimerebbe un ordine dentro quel piano o campo, perfettamente delimitato, grazie al quale esistono le leggi (del gioco), che permettono alle differenti pedine di essere protagoniste delle loro stesse mosse, o insiemi di mosse.24

Questa struttura è l’espressione di un ordine o di un’intelligenza universale, che restando segreta e invisibile, è il prototipo di tutto quello che può essere chiamato ordine o intelligenza. D’altra parte, quelle stesse leggi espresse in misure e pesi quantitativi, e definite a livello spazio-temporale, ci riportano anche a una struttura invisibile del cosmo. O ad un equilibrio e un’ armonia universale, che conformano un linguaggio articolato, in relazione ad un’altra visione dello spazio e del tempo. Traducción: Margherita Mangini.

NOTE

11 La sfera è nella tridimensionalità ciò che il circolo è sul piano. È noto che il simbolo della ruota si rappresenta graficamente come un punto e la circonferenza  alla quale dà luogo per l’irradiazione delle sue possibilità. Mentre il punto centrale (o asse della ruota) rimane fisso e immobile, la periferia si muove e gira intorno ad esso.

12 È curioso osservare che il punto centrale e la circonferenza, “che insieme conformano la figura del circolo”, costituiscono l’emblema astrologico del sole, che è il padre della vita, prodotta per irradiazione della sua energia fino ai suoi propri limiti.

13 Nella nomenclatura alchimica, il punto e la circonferenza, e a volte solo un circolo (simbolizzato da Uroboro, il serpente che si morde la coda), sono immagini della vita e della sua origine, della successione e della simultaneità. E anche dell’oro inteso come re dei metalli o simbolo della perfezione minerale. Bisogna ricordare che l’alchimia sostiene che l’energia degli astri nei cieli si cristallizza in quella dei minerali, essendo entrambe analoghe tra loro. Il che vuol dire che esiste una reciprocità tra cielo e terra e viceversa. È superfluo aggregare che queste relazioni sono inverse le une rispetto alle altre e che la prospettiva o visione varia a seconda che si consideri un punto di vista o quello opposto. La stessa cosa succede con il punto centrale e la circonferenza alla quale da luogo. Pur essendo questi termini complementari, tuttavia sono gerarchizzati. Ciò che è superiore è il cielo, ciò che è inferiore, la terra. “L’uomo osserva le leggi della terra, la terra osserva le leggi del cielo” (Tao Te King, 25). È imprescindibile un punto centrale o asse perché esistano la circonferenza o la ruota, ma non vale il contrario. C’è un’interrelazione, ma anche una preeminenza tra la metà superiore (cielo) e la metà inferiore (terra) di una sfera.

14 Dopo che sono stati pubblicati questi articoli l’autore è venuto a conoscenza dell’eccellente lavoro di Maryvonne Perrot, Le Symbolisme de la Roue, che tratta estesamente il tema, benché da una prospettiva distinta – e convergente – a questi testi.

15 Quando qui si parla di simboli si intende anche miti e riti, leggende e testi sacri.

16 Lo stesso succede con il mito o la leggenda. Nel linguaggio comune sono passati ad essere sinonimi di “storie”, come abbiamo già detto.

17 L’espressione naturale del concetto che il punto geometrico manifesta sul piano è l’unità aritmetica, generatrice di tutta la serie o codice o campo o mondo numerico. Bisogna anche chiarire che l’unità aritmetica è solo un’immagine della non dualità metafisica. Essendo il primo numero, è anche la prima determinazione. Lo stesso può essere detto dell’essere, in riferimento al non-essere, e di entrambi rispetto alla non-dualità. In questo senso, il punto centrale “creatore” dello spazio o, in altre parole, l’ “essere” di questo spazio orizzontale, è a sua volta il riflesso del non-essere, o dell’ immanifestazione verticale, ed entrambi della “non-dualità”.

18 Si può far notare che il circolo ha 360º e che la somma dei 4 angoli retti del quadrangolo (90 x 4 = 360) dà lo stesso numero. Inoltre, 360 = 3 + 6 + 0 = 9. Il 9 (numero i cui multipli sempre si riducono a 9) è il numero del ciclo. E lo è anche della circonferenza, che sommata all’unità centrale (9 + 1 = 10), ci da la totalità delle possibilità del ciclo numerico e della tetraktys pitagorica, e anche quella del ritorno all’origine (10 = 1 + 0 = 1).

19 Il movimento centrifugo o che va dal centro alla periferia, ha a che vedere, come abbiamo detto, con l’espansione. Questo movimento deve essere trasposto al piano circolare del ciclo, situandolo al nord, dando origine alla circonferenza e corrispondendo questa energia alla metà ascendente della ruota del giorno, vale a dire a quella che partendo dal nord, identificata con l’ora zero, arriva al sud o mezzogiorno. La porzione discendente del ciclo (che va da sud a nord, vale a dire che ritorna al suo punto di origine) è allora collegata alla contrazione o concentrazione centripeta o tramonto o notte. Alcune culture, in diversi luoghi ed epoche, hanno diviso il ciclo in modo apparentemente differente, cosa che si lega direttamente alla ragione d’essere di quelle civiltà. Così, non si colloca il nord sempre in alto, né il sud sempre in basso. E il movimento non è visto necessariamente da sinistra a destra – cioè secondo il senso delle lancette dell’orologio – ma si considera in modo retrogrado. Questi due esempi si possono trovare nelle culture precolombiane ed estremo orientali.

20 Uno degli errori contemporanei più comuni è quello di concepire un infinito finito. La somma indefinita di finiti (o cicli) non può costituire l’infinito. Questo, per definizione, è ciò che non è finito, cioè non soggetto a finitezza. È come rendere un relativo, o la somma di innumerevoli relativi (o aneddoti), qualcosa di assoluto.

21 La traduzione della parola sanscrita chakra è appunto ruota o disco. L’ “apertura” dei chakras o la loro espansione generativa sarebbe vincolata all’ampliazione del piano della coscienza, simbolizzata dal fior di loto (che si apre la mattina e si chiude la sera). In Occidente, questo fiore sarebbe la rosa. In particolare la ROSA MUNDI, identica alla ROTA MUNDI.

22 Sarebbe forse opportuno stabilire qui una differenza tra significato e segno. Il significato è l’essenza o idea universale che il segno plasma (o incarna), che viene ad essere come la forma o il vestito del significato, adeguato alla relatività spazio-temporale. Il significato di un segno è ciò che esso significa, non il suo ruolo significante. Ciò che è simbolizzato è quello che il simbolo esprime veramente, la sua ragione d’essere, non la sua capacità di trasmettere. Il mito è realmente l’idea espressa nel e per il personaggio mitico, non le peripezie e le avventure computabili degli eroi e degli dei. Il rito non è solo una cerimonia commemorativa e sociale, ma la corrispondenza di energie tra un piano della realtà – o della coscienza – ed un altro sconosciuto. Attribuendo a questi termini una lettura lineare, li si degrada rendendoli incomprensibili. Le accezioni date alle parole e alle cose in certi luoghi o durante determinate epoche, non solo gettano luce sulla mentalità di queste società, ma molte volte costituiscono esempi evidenti di inversione. Purtroppo attualmente si intende il significato del simbolo come se questo fosse la sua funzione significante. Il significato degli antichi signa (o miracoli) era quello della rivelazione soprannaturale; non era mai l’effetto che quei signa producevano sulla popolazione. D’altra parte, ci sarebbe da fare una distinzione tra simboli naturali e simboli tradizionali (iniziatici) precisi, disegnati specialmente per produrre una comunicazione diretta con il principio. Questi ultimi avrebbero una funzione “didattica”, ovviamente legata all’ insegnamento e la conoscenza.

23 È noto che il gioco degli scacchi ha origini astrologiche.

24 L’idea di srotolare i cieli, vale a dire di creare il cosmo, o, in altre parole, il piano o scacchiera su cui esso si manifesta, è in stretta relazione con il simbolo del telone, che si apre sulla scatola (cubo) scenica e dove si comincia a rappresentare un’opera illusoria, con parti e ruoli. Specialmente nel teatro di marionette. E anche nel cinema, che attraverso un’inversione della visione ottica proietta sullo schermo o sul piano, indefinite immagini, aneddoti o “storie”.